Fuoriclasse. Storia Naturale del Successo – Malcom Gladwell

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Trama

Malcolm Gladwell, nel suo libro, indaga le circostanze che hanno portato al successo quelli che chiama i “Fuoriclasse” (nel titolo originale Outliers), tutte quelle persone che hanno compiuto imprese straordinarie e grandiose. 

La domanda che sorge: “È sufficiente l’intelligenza e il talento per raggiungere il successo?”. Gladwell fornisce una risposta.

La prima metà del libro esamina come le opportunità contino di più rispetto al puro talento. L’autore osserva che tendiamo a credere nel predominio del “merito individuale”, crediamo quindi che le persone abbiano un successo particolare perché sono dotate, hanno un talento fuori dal comune.

Gladwell analizza dettagli in apparenza insignificanti delle biografie dei Fuoriclasse, come le origini etniche, la composizione della famiglia, l’anno e persino il mese di nascita; scoprendo che il talento e la determinazione, anche se indispensabili, non assicurano il successo, ma devono essere accompagnati da altri elementi e circostanze. Altri due fattori di successo che Gladwell esplora sono il tempo di pratica e le abilità sociali. Un grande successo richiede un’enorme quantità di pratica circa diecimila ore dedicate a un determinato argomento. Anche se si nasce con un talento innato, senza le risorse finanziarie, il tempo libero e il sistema di supporto, il successo non è assicurato. La seconda metà del libro si concentra sui lasciti culturali, quelle tendenze comportamentali che sono radicate nel nostro passato e che possono avere un enorme effetto sul nostro potenziale di successo. Gladwell sostiene che potrebbero esserci molte più storie di successo se le stesse opportunità fossero concesse a tutti.

L’autore

Il giornalista e sociologo Malcolm Gladwell è nato nel 1963 a Fareham, nell’Hampshire, in Inghilterra, ma è cresciuto a Elmira in Canada. Il padre Graham era professore di matematica, mentre la madre Joyce una psicoterapeuta giamaicana. Ha studiato all’Università di Toronto e ha conseguito la laurea in Storia nel 1984 prima di trasferirsi negli Stati Uniti per diventare giornalista. Come giornalista ha inizialmente coperto la sezione di affari e scienza al The Washington Post per 9 anni. Ha poi collaborato con il The New Yorker, giornale per il quale ha scritto gli articoli da cui sono nati i suoi libri best seller. Il primo libro è del 2000 “Il punto critico. I grandi effetti dei piccoli cambiamenti”. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti, nel 2005 la rivista Time ha inserito Malcolm nel suo elenco dei 100 personaggi più influenti. Tre dei suoi libri inoltre hanno raggiunto il primo posto nella New York Times Best Seller list. Nel 2007 gli è stato assegnato l’American Sociological Association (ASA) Award per l’eccellenza nella rendicontazione delle questioni sociali, mentre l’Università di Waterloo gli ha conferito una laurea in lettere ad honorem.

Introduzione: Il mistero di Roseto

Gladwell prende l’esempio di Roseto, una cittadina della Pennsylvania, costruita dagli abitanti della Roseto italiana (un paese appenninico in provincia di Foggia) che si erano trasferiti in America in cerca di fortuna. 

Sulla falsariga, Gladwell, prende spunto dalle ricerche svolte dal medico e ricercatore americano Stewart Wolf sulla salute sorprendente dei rosetani, dovuta alla struttura sociale forte e protettiva costruita dagli abitanti negli anni, e propone un’analisi delle ragioni che conducono determinate persone al successo. 

PARTE PRIMA: Opportunità

L’effetto di Matteo

Gladwell esamina il ruolo delle opportunità nella vita di persone di grande successo. Il primo esempio è tratto dalla Canadian Hockey League, la lega giovanile di hockey più competitiva al mondo. Negli anni ‘80 uno psicologo canadese, Roger Barnsley, si accorse di una strana ricorrenza nell’età dei giocatori di hockey, infatti la stragrande maggioranza dei giocatori, un 40%, era nata nei primi mesi dell’anno: gennaio, febbraio e marzo mentre un 30% tra aprile e giugno, con un totale del 70% di nati nei primi 6 mesi dell’anno. Questo perché la data limite per i campionati canadesi è il 1 gennaio, i nati nella prima parte dell’anno solare sono molto più grandi e coordinati dei loro coetanei nati alla fine dell’anno, di conseguenza ai ragazzi più maturi viene concesso più tempo di gioco e un migliore allenamento, e quindi diventano giocatori migliori. La probabilità che un ragazzo nato negli ultimi mesi dell’anno riesca a diventare un giocatore professionista è molto bassa, trovandosi svantaggiato fin dall’inizio. “Sappiamo bene che le persone di successo sono cresciute da semi resistenti. Ma sappiamo abbastanza della luce del sole a cui si sono scaldate, del terreno in cui hanno affondato le radici, dei conigli e dei taglialegna che hanno avuto la fortuna di evitare”.  Le domande da porsi sono: “Da dove vengono le persone di successo?”, “In quale contesto sono cresciute?”

Il sociologo Robert Merton definì il fenomeno come l”effetto Matteo” (derivante da un versetto del Vangelo di Matteo). “Sono le persone di successo quelle a cui vengono offerte le occasioni che le porteranno ad avere ancora più successo.”

Il successo è la naturale conseguenza di quello che i sociologi chiamano “vantaggio cumulativo”. Una trascurabile differenza iniziale può far scaturire un’opportunità che avrà il potere di aumentare di poco la differenza. Quel margine può sembrare trascurabile, ma sommato a tante altre piccole occasioni porterà ad ampliare notevolmente la distanza. 

La regola delle diecimila ore

Gladwell apre questo capitolo con la storia del successo del famoso scienziato informatico Bill Joy. L’Università del Michigan aveva aperto uno dei centri informatici più avanzati del mondo nel 1971. L’idea di Joy era di specializzarsi in biologia o matematica, ma si imbatté nel centro di calcolo e ne rimase affascinato. Il successo di Bill Joy non si è basato solo sul talento. Ha avuto l’occasione di frequentare una delle scuole di informatica più avanzate del mondo per studiare biologia o matematica, solo casualmente si è imbattuto nell’informatica. Gladwell chiarisce, che oltre al talento, anche la fortuna e il caso arbitrario hanno avuto un ruolo nel raggiungimento del successo di Joy.

Un altro elemento differenziante è l’applicazione, le ore passate a studiare e praticare una materia, uno sport, un mestiere.

Secondo Gladwell, il numero magico che conduce alla grandezza sarebbe diecimila ore, circa 10 anni. Il talento passa dunque in secondo piano rispetto all’esperienza e alla pratica.

Bisogna tenere in conto che le opportunità sono fondamentali per il successo. Analizzando l’elenco delle 75 persone più ricche di tutti i tempi (il patrimonio calcolato in base al valore corrente del dollaro americano) inclusi sia re, regine e faraoni sia i miliardari contemporanei, un 20% dei nominativi appartiene a un’unica generazione e a un unico paese: gli Stati Uniti della metà del XIX ad esempio troviamo Rockefeller, Carnegie, Weyerhaeuser, Gould e tanti altri.  L’opportunità è formata negli anni ‘60 e ‘70 quando l’economia americana ebbe una crescita impressionante. Si è creata una finestra temporale propizia per sfruttare al meglio le potenzialità del futuro e tutti i giovani in quel periodo si sono trovati in una situazione favorevole.  

Il problema del genio (parte prima)

Gladwell inizia il terzo capitolo con la storia di Chris Langan. Il quoziente intellettivo (QI) di Langan è 195 (il 30% in più rispetto a quello di Albert Einstein). Langan imparò a parlare quando aveva solo sei mesi ed è conosciuto per la sua prodigiosa intelligenza. Gladwell prende l’esempio della vita di Langan per comprendere il motivo del suo mancato successo nonostante la sua straordinaria intelligenza. 

Lewis Terman, un professore di psicologia presso la Stanford University, era specializzato nel misurare l’intelligenza umana e si è interessato all’idea di cercare giovani geni ( con un QI di circa 150 o superiore) e monitorare le loro vite, carriere e risultati. Ha intervistato e selezionato circa 1500 ragazzi da tutto il paese con un QI eccezionalmente alto, superiore al 140. Questi geni vennero soprannominati “Termites” e il caso studio sarebbe diventato uno dei più famosi della storia.

Terman credeva che il QI fosse di fondamentale importanza per il successo e il raggiungimento, ha quindi ipotizzato che una volta che questi ragazzi geniali fossero cresciuti sarebbero diventati: politici, premi Nobel, professori famosi o grandi artisti.Spesso si è convinti che  le persone dotato di un’intelligenza straordinaria riescono a realizzarsi, che possono raggiungere i loro obiettivi. Ma, come abbiamo già visto, la nostra comprensione culturale del successo e del genio è fuorviante. E Terman si sbagliava riguardo alle sue “Termites”, sulla relazione tra genio e successo.

I risultati eccezionali non sono tanto il prodotto del talento innato quanto delle opportunità”. 

Un QI alto generalmente corrisponde a risultati più alti, ma una volta che il QI di una persona è superiore a 120, la relazione diretta tra successo e QI cessa di esistere. Qualcuno con un QI di 125 non ha meno probabilità di vincere un premio Nobel rispetto a qualcuno con un QI di 170. In altre parole, se sei abbastanza intelligente puoi avere lo stesso successo di chiunque altro con un’intelligenza media. Entrano in gioco altre caratteristiche che possono essere individuate da test di intelligenza differente. Il test del QI di solito chiede ai partecipanti di guardare una domanda e scegliere la risposta corretta tra una manciata di risposte: essi “convergono” sulla soluzione. Ma un tipo diverso di test è chiamato test di “divergenza”, che consiste nel chiedere a un partecipante, ad esempio, di elencare tutti gli usi a cui può pensare per un mattone. In una scuola superiore britannica lo studente con il QI più alto ha escogitato il minor numero di modi per usare un mattone, mentre gli studenti con QI più basso hanno dimostrato una notevole versatilità e creatività nelle loro risposte. Potresti essere abbastanza intelligente, ma non abbastanza creativo. Questo è un punto cruciale che Terman non riuscì a riconoscere. I suoi bambini geni non hanno raggiunto il successo che immaginava per loro, la maggior parte conduceva una normale vita. Per prevedere se qualcuno diventerà un vero outlier, un “fuoriclasse” dobbiamo saperne di più sulla persona in generale.

Il problema del genio

Questo capitolo approfondisce la vita modesta di Chris Langan nonostante la sua grande intelligenza. Gladwell è giunto alla conclusione che senza il supporto degli altri è difficile raggiungere determinati risultati così come è successo a Langan. Gladwell nella storia di Langan trova delle somiglianze con quella di Robert Oppenheimer, un fisico che guidò lo sforzo americano per sviluppare la bomba nucleare durante la seconda guerra mondiale. Oppenheimer, come Langan, aveva fin da bambino una mente straordinaria, ma a differenza di Langan ebbe l’opportunità di andare ad Harvard e poi a Cambridge per ottenere il dottorato in Fisica e infine essere nominato per guidare lo sviluppo della bomba nucleare. Oppenheimer sapeva come ottenere ciò che voleva dal mondo mentre Chris Langan non era meno intelligente di Oppenheimer, ma gli mancava l’”intelligenza pratica” (definita così da Robert Stenberg) che gli avrebbe permesso di avere successo. L’intelligenza pratica è quindi una capacità che una persona deve imparare e praticare.

Le tre lezioni di Joe Flom

Joe Flom è stato socio di uno dei più prestigiosi studi legali di New York, lo Skadden Arps. Flom è cresciuto in una famiglia ebrea durante la depressione, andava bene a scuola e alla fine è entrato in legge ad Harvard e si è laureato come uno dei migliori della sua classe. Quando è arrivato il momento di cercare un lavoro venne rifiutato dalle principali aziende di New York di conseguenza si è unito a un piccolo gruppo di uomini che stavano avviando la propria azienda. Oggi, quello studio legale guadagna oltre $ 1 miliardo all’anno.

Flom aveva talento, ambizione, intelligenza, ma come abbiamo visto nei capitoli precedenti queste caratteristiche non bastano. Flom era ebreo. Per illustrare l’importanza di questo punto Gladwell esamina la vita e la carriera di altri coetanei ebrei di Flom. Tutti hanno vissuto qualcosa di simile: non si adattavano alle grandi aziende del momento. Hanno subito discriminazioni a causa della loro fede, sebbene fossero ottimi avvocati, non furono assunti dai grandi studi.

Le vecchie aziende di Wall Street che non assumevano persone come Joe Flom si occupavano principalmente di pratiche legali e tasse per grandi entità aziendali perché era considerato un lavoro legale “dignitoso”. Ma negli anni ’50 e ’60, le acquisizioni aziendali divennero più comuni e gli unici avvocati che gli investitori aziendali potevano ottenere per fare questo lavoro per loro erano avvocati come Joe Flom, avvocati di talento che erano stati espulsi dai principali studi e si erano trovati costretti a prendere il lavoro rifiutato dagli altri.

Tra il 1970 e il 1980 c’è stato un enorme boom del numero di fusioni e acquisizioni e questi accordi valevano milioni e milioni di dollari. Ora tutti gli studi legali volevano fare questo tipo di lavoro, ma solo pochi studi legali avevano abbastanza pratica per essere esperti in queste materie. Questi studi erano, in generale, gli studi ebraici pieni di avvocati che erano stati tenuti fuori dagli studi del vecchio mondo. In questo caso le avversità iniziali si sono poi  trasformate in opportunità.

Un altro punto importante è che Joe Flom era un avvocato ebreo a New York quando era il momento perfetto per essere un avvocato ebreo a New York. Esiste quella che viene chiamata “demografica sfortunata“. Se sei diventato abbastanza grande da entrare nel mondo del lavoro proprio all’inizio della Grande Depressione, sei stato demograficamente sfortunato. Il successo di Joe Flom può essere attribuito, almeno in parte, a questo tipo di logica demografica. Negli anni ’30, a causa delle difficoltà della Grande Depressione, le persone smisero di avere figli. Il risultato è stata una generazione più piccola di cui Flom faceva parte. Ha goduto di più attenzioni e meno competizione durante la scuola. Per un avvocato, essere nato negli anni ’30 era un vantaggio enorme.

Gladwell afferma che: “i medici e gli avvocati ebrei non sono diventati professionisti nonostante le loro umili origini. Sono diventati professionisti per le loro umili origini”. Ancora una volta è stata una serie di fattori a garantire il successo di Joe Flom. Gli sono state presentate opportunità, il suo tempismo era perfetto e la sua eredità culturale gli aveva insegnato lezioni importanti su come avere successo. 

PARTE SECONDA: Retaggio

Harlan, Kentucky

Gladwell racconta la storia di Harlan, una piccola città del Kentucky, dove agli inizi del 1800 iniziò una faida tra due famiglie che si concluse con una serie di morti. Anche in altre cittadine dello stesso stato si verificarono faide analoghe, la causa di questo modello di comportamento è dovuta alla “cultura dell’onore“. Gli abitanti originari di queste cittadine discendevano dai pastori scozzesi-irlandesi il cui sostentamento dipendeva dal fatto che fossero temuti e rispettati abbastanza da non permettere a nessuno di rubare il loro bestiame. Il punto focale è che le tendenze culturali dei nostri antenati hanno un effetto su di noi e probabilmente sui nostri discendenti. Questo aiuta a spiegare perché i modelli di criminalità nel sud fossero così distintivi. Secondo Gladwell non possiamo capire la cultura nel presente senza capire da dove veniamo. “I retaggi culturali sono forze potenti e giocano un ruolo così importante nell’influenzare propensioni e comportamenti da rendere impossibile decifrare il nostro mondo senza tenerne conto”. L’autore sottolinea che anche le tradizioni e gli atteggiamenti dei nostri antenati hanno un impatto sul nostro successo così come la serie di vantaggi che si accumulano e portano al successo. Osserva che se iniziamo a osservare i retaggi culturali possiamo usarli per comprendere meglio il successo.

La teoria etnica dei disastri aerei

Il capitolo si apre con la storia del disastro aereo del volo 801 della Korean Air avvenuto nel 1997 durante il quale l’aereo si schiantò contro il fianco di una montagna e quasi tutti i passeggeri muoiono. L’aviazione coreana negli anni ’80 e ’90 ebbe una serie di incidenti che comportarono la perdita della propria reputazione. Dal 1999 però la compagnia riuscì a risollevarsi e oggi è una delle compagnie più sicure. Il motivo per cui la Korean Air è riuscita a riscattarsi è per il fatto che: “ha riconosciuto l’importanza della sua eredità culturale” e ha rivisto i comportamenti dannosi che portavano ai disastri. I co-piloti provenienti da paesi che hanno un alto “Power Distance Index”, una maggiore deferenza all’autorità, spesso evitavano di dire ai piloti quando stavano commettendo errori, anche quando gli errori erano potenzialmente fatali. Dopo aver riconosciuto i pericoli di tali aspettative culturali, l’aviazione coreana istituì programmi per cambiare il modo in cui gli equipaggi di volo parlano tra loro ad esempio istituendo come lingua ufficiale l’inglese in modo da permettere una migliore comunicazione.

Gladwell afferma che gli incidenti aerei non sono il risultato di un singolo evento catastrofico, ma si verificano a causa dell’accumulo di molti piccoli problemi: maltempo, piloti stanchi, aeroporti nuovi o sconosciuti, membri dell’equipaggio che hanno iniziato a lavorare insieme solo di recente. Spesso ci vogliono tutti questi fattori per portare a un disastro. “L’incidente classico comporta sette errori umani consecutivi al livello della comunicazione e del lavoro di squadra“.

Suren Ratwatte, un pilota veterano che ha studiato i fattori umani che portano a disastri aerei, conferma che il tipico incidente coinvolge piloti esausti, scarsa comunicazione, scarso processo decisionale e incomprensione. Non è spesso un cattivo pilotaggio a causare incidenti aerei, ma piuttosto l’incapacità dei piloti di fare tutte le altre cose che comporta il pilotaggio di un aereo: parlare, improvvisare, multitasking, comunicare velocemente le decisioni.

Risaie e test matematici

Gladwell mette in relazione la coltivazione del riso in Cina con la capacità di riuscire meglio a i test matematici. Nei villaggi della Cina meridionale il riso è un aspetto cruciale della società. È un lavoro impegnativo e complicato che richiede molti sacrifici. 

Gladwell osserva che il sistema numerico cinese segue semplici regole senza eccezioni, di conseguenza i bambini cinesi possono imparare a contare in media fino a 40 due anni prima rispetto ai bambini americani. Le regole chiare consentono ai bambini molto piccoli di comprendere il conteggio, l’addizione e la moltiplicazione molto più facilmente. I bambini che crescono parlando una lingua asiatica hanno quindi un vantaggio intrinseco.Questo non è l’unico vantaggio che gli studenti cinesi hanno quando si tratta di matematica, la cultura delle  risaie potrebbe fare la differenza e portare un vantaggio.

I coltivatori di riso hanno dovuto lavorare più duramente di ogni altro agricoltore. La coltivazione del riso richiede perfezionismo e vigilanza costante, non ci sono vacanze e più un agricoltore lavora per ottimizzare la sua risaia, più riso produrrà la risaia. 

I ricercatori hanno scoperto che uno dei predittori più affidabili del fatto che uno studente sarà bravo in matematica o meno non è il suo QI o la qualità della sua istruzione. È la loro disponibilità a completare i compiti con attenzione, la disponibilità all’impegno. In uno studio, quando agli studenti è stato somministrato un questionario lungo e noioso, gli studenti che si sono affrettati e hanno saltato le domande più impegnative solo gli stessi che hanno ottenuto risultati peggiori negli esami di matematica rispetto agli studenti che hanno completato con cura il questionario senza prendere scorciatoie. In un paese come la Cina dove l’ostinazione, lo sforzo e l’impegno sono un tratto culturale porta gli studenti a essere più bravi in ​​matematica.

Il patto di Marita

Gladwell racconta di come una scuola media sperimentale a New York,  la KIPP (Knowledge Is Power Program) abbia fornito a studenti poveri, come il caso di Marita, un’occasione per il successo. Infatti è una delle scuole più ambite perché permette a studenti di accedere a borse di studio e iscriversi al college grazie alla preparazione rigida che fornisce. Gladwell attribuisce il successo delle KIPP alla dedizione al duro lavoro che spinge i suoi studenti.

Il sistema scolastico americano concede delle vacanze molto lunghe, ma questo comporta uno svantaggio per gli studenti che durante l’estate non hanno accesso  a corsi extrascolastici, campi estivi che si ritrovano all’inizio dell’anno in una situazione di svantaggio rispetto agli studenti che invece durante l’estate hanno ricevuto molti stimoli. Il problema è che le vacanze estive delle scuole americane sono troppo lunghe, ed è proprio questo problema che le scuole KIPP si sono prefissate di risolvere tendendo i ragazzi più ore nelle scuole.

Epilogo: Una storia giamaicana

Gladwell conclude il suo libro raccontando la storia della sua stessa vita e riconducendo i propri successi e fallimenti alle eredità culturali, opportunità e fortuna. Sua nonna era la pronipote del famoso uomo d’affari William Ford, il padre di Henry Ford, viveva in Giamaica dove la sua pelle più chiara le ha dato molti vantaggi. A quel tempo i mulatti avevano vita più facile e se erano schiavi raramente erano tenuti a svolgere lavori pesanti. La nonna di Gladwell ha avuto la fortuna di essere mulatta e per questo ha goduto di un certo privilegio, è cresciuta in una cultura di possibilità. Gladwell sostiene che: “questi sono stati i doni della storia alla mia famiglia“. Ribadisce che il successo è dato da una serie di fattori non tutti sotto il nostro controllo. 

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